Perde sangue dal naso, ma al Cardarelli manca l’otorino: ora rischia!

Perde sangue dal naso, ma al Cardarelli manca l’otorino: ora rischia!
Ha 37 anni, è incinta e soffre di diabete, ma la spediscono da un ospedale all’altro per un’emorragia dal naso. Adesso è in rianimazione e rischia la vita, mentre il bimbo è in Neonatologia. È bastata una banale epistassi a mettere in crisi il Cardarelli e i suoi camici bianchi. La vicenda, paradossale per il primo presidio del Sud, risale a sabato scorso. Driovich Ed Darngh Malika, originaria del Marocco, alla trentasettesima settimana di gravidanza, approda in pronto soccorso alle 18,15, dopo avere subìto un lieve trauma al volto. Le narici serrate da un fazzoletto intriso di sangue, chiede aiuto agli infermieri. È sicura che solo lì avrà l’assistenza specialistica di cui ha bisogno. Macché.
Al Cardarelli c’è una divisione di Otorinolaringoiatria, c’è anche l’organico (un primario e cinque collaboratori), ma sabato scorso nessuno di loro è reperibile. E la donna, ricoverata in Chirurgia d’urgenza, aspetta una consulenza che non arriva. Con la minaccia di una nuova emorragia, dopo il primo tamponamento effettuato dal personale di pronto soccorso.
Passa la notte e tutto sembra filare liscio fino a mezzogiorno circa, quando il naso riprende a sanguinare. La situazione si fa delicata, Driovich è diabetica, e in più incinta. Il rischio di un sanguinamento imponente potrebbe ripercuotersi sul nascituro. I medici del Cardarelli, alle strette, avvertono la direzione sanitaria. Chiedono l’intervento di uno specialista di altro presidio.Ed è così che parte una nota del primario Fabio Sirimarco. Sono le 10,45 di domenica quando lui, che dirige l’Ostetricia del Cardarelli avverte il vicedirettore sanitario, dottor Carillo, per la seconda volta della “necessità urgente e indifferibile di consulenza Orl”. Non è la prassi ma dalla direzione decidono: la paziente andrà al Pellegrini che, si badi bene, è privo come tutti gli ospedali partenopei di pronto soccorso otorino. In questo caso, risponde all’appello il medico reperibile Luigi Vitulano, che arriva nell’ospedale della Pignasecca dove anche la paziente è già in attesa, accompagnata da uno specialista ginecologo nell’ambulanza del Cardarelli.
Tutto risolto? Neanche per idea. Alla signora Driovich, che a malapena macina qualche parola d’italiano, viene “tamponata” l’epistassi (emorragia), ma invece di tornare al Cardarelli come è prassi dopo una consulenza, viene inspiegabilmente trasferita al San Giovanni Bosco. Procedura anomala giustificata soltanto dalla presenza nell’ospedale di Capodichino sia del reparto otorino, sia della ginecologia. Intanto le condizioni della paziente peggiorano, tanto che i medici decidono di sottoporla a taglio cesareo per non mettere a repentaglio la vita del neonato.
Ed è in sala operatoria che Driovich contemporaneamente al parto viene sottoposta al terzo “tamponamento anteroposteriore completo” per fermare la cospicua emorragia nasale. Ma la donna ha perso tanto sangue da rendere necessaria una trasfusione di ben due sacche di plasma, mentre per assicurarle assistenza respiratoria, lunedì mattina scatta il trasferimento in Rianimazione. Driovich, intubata, adesso è stabile, ma ancora in prognosi riservata. E il neonato? Era in sofferenza anche lui, classificato come Apgar 1, primo indice di rischio (il normale è 7). Ma è possibile che per un’emorragia dal naso, l’unico dipartimento d’emergenza di II livello, il massimo per l’emergenza del Sud, spedisca un paziente (e per di più ricoverato) in altro presidio cittadino? «La decisione di chiudere il pronto soccorso venne adottata in accordo con la Regione», risponde il direttore sanitario Franco Paradiso, «e fu abolita anche la reperibilità sia per otorino che per oculistica. D’altronde, sono così rari i casi di vera urgenza che non vale la pena di tenere i pochi medici bloccati. Comunque abbiamo aperto un’indagine interna per capire se si poteva trovare una soluzione diversa ed evitare il trasferimento».
Lo sfacelo della sanità campana in cui rientra il caso della paziente del Cardarelli è sempre conseguenza della carenza di personale e del blocco delle assunzioni. Appena la settimana scorsa il presidente della Regione aveva minacciato il governo centrale: se non si sblocca il turnover, saremo costretti a chiudere i reparti. Quella minaccia sta diventando realtà. Almeno se la Regione non vuole mettere a rischio la pelle dei malati.
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