Dignity Therapy applicata ai pazienti psichiatrici

Dignity Therapy applicata ai pazienti psichiatrici

La Dignity Therapy (DT) è un intervento psicoterapico multidimensionale, somministrato individualmente in un arco temporale circoscritto

È un’intervista guidata basata su temi e sotto-temi derivanti dal modello della dignità, con sessioni terapeutiche della durata di 60 minuti. Nata ad opera di Harvey Max Chochinov che nel 2002 sulla rivista JAMA ha pubblicato il primo studio applicando la terapia ai pazienti oncologici end-off-life. Successivamente questo intervento è stato esteso a patologie invalidanti come la Sclerosi Amiotrofica Laterale e il Disturbo Cronico Ostruttivo Polmonare. Avery & Savitz nel 2011 sono stati i primi autori che hanno rivolto l’attenzione ai pazienti psichiatrici e alla loro dignità. Il primo paziente, un uomo di 55 anni affetto da disturbo schizoaffettivo, a seguito della DT, ha riportato aumento dell’autostima, maggiori capacità di coping e miglioramento della qualità di vita. Da diversi anni la Casa di Cura Villa dei Pini, di Avellino e l’Associazione Neamente promuovono la DT nella pratica clinica e nell’attività di ricerca.

Esperienza fra Dignity Therapy e psicopatologia

È stato applicato il protocollo della DT a pazienti psichiatrici ospiti della Struttura Intermedia Residenziale riabilitativa psichiatrica della Casa di Cura “Villa dei Pini” di Avellino. Ciò che è emerso riguarda la valutazione, il ricordo e la prospettiva futura di chi senza sceglierlo si trova nella condizione di affrontare patologie psichiche invalidanti. Si è assistito a lacrime omesse, a volte soppresse, o al pianto di angoscia per un senso di colpa sperimentato verso il mondo ed i propri familiari. C’è chi ha paragonato la vita, prima della malattia, a colui che imbandisce una grande tavola per il pranzo familiare. A quella tavola, tuttavia, non riuscirà mai a sedersi poiché giunge un vortice improvviso e profondo da ledergli l’anima ed il corpo. Guarderà gli altri in lontananza godere del lauto pasto ed inizierà a sentirsi inutile, senza speranza, senza dignità, senza mai poter avere una sedia che gli dia il diritto ad essere con loro/uguale a loro. “La malattia è un mostro”, dice una donna affetta da Depressione Maggiore, “Accasciata in poltrona, da giorni e giorni, guardavo i miei piccoli bambini giocare e cucinarsi da soli. Io detestavo tutti, anche loro, in primis me stessa”. Chiedono pietà, perdono per quei gesti compiuti in preda alle crisi, per le parole inopportune, per essere un peso per gli altri, perdono perché è complicato essergli accanto, amarli senza giudicarli. La dignità scalfita da comportamenti grossolani, facile deriderli…. anche troppo. Sentirsi osservati, estranei alle circostanze, essere etichettati come ingombranti, problematici, inadeguati ai dettami dell’immaginario collettivo, permette loro la salvaguardia di un’integra dignità?

La somministrazione nella pratica clinica della DT come metodologia di intervento psicoterapeutico ha consentito loro di rivivere eventi trascorsi elaborando il vissuto intrapsichico, attraverso il contenimento emotivo in setting standardizzato, in una prospettiva presente e futura. La DT ha permesso un lascito etico attraverso l’espressione del “non detto” recuperando il senso di Sé, del futuro, della speranza e della propria dignità. È nostro dovere restituire dignità a coloro che quotidianamente sperimentano sofferenza a causa di disfunzioni psichiatriche che inficiano l’integrità globale soggettiva.

Barbara Solomita

Psicologa, psicoterapeuta