dall’Accordo Stato Regioni del 16 dicembre 2010; potenziamento delle Unità
di Terapia Intensiva Neonatale; attivazione del servizio di trasporto per
l’emergenza neonatale in tutte le regioni con ambulanze attrezzate e
personale dedicato: sono le proposte della Società Italiana di Pediatria e
della Società Italiana di Neonatologia per ridurre la mortalità neonatale, che
ancora oggi nelle regioni meridionali risulta del 30% più elevata rispetto a
quelle del Nord.
trasportava da Catania a Ragusa per una insufficienza respiratoria sviluppatasi subito
dopo la nascita in una casa di Cura di Catania, non è frutto del caso, ma espressione
e conseguenza della inadeguatezza del sistema sanitario regionale in situazioni di
emergenza neonatale. Senza interventi di potenziamento della rete di assistenza
neonatologica non ci si può stupire di eventi tragici come questo”: è quanto affermano
in una nota congiunta il Presidente della SIP Giovanni Corsello e il Presidente della SIN
Costantino Romagnoli.
investimenti reali nella rete neonatologica da parte del sistema sanitario, anche per
scongiurare il rischio che i cosiddetti tagli alla sanità colpiscano l’area pediatrica che
ha invece bisogno di sostegno e di supporto”.
Tre in particolare le priorità da attuare secondo le due società scientifiche. Si tratta di
misure in larga parte già previste dall’Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010,
ma rimaste drammaticamente inattuate in alcune aree del Paese, con la conseguenza
che continuano a permanere differenze inaccettabili fra le regioni italiane nel campo
dell’assistenza neonatale e pediatrica, come ha peraltro rilevato il documento del
Comitato per la Bioetica della SIP reso pubblico a ottobre 2014.
Accorpamento dei piccoli punti nascita. SIP e SIN esprimono apprezzamento per
il recente intervento alla Camera del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, riguardo
alla necessità di procedere senza ulteriori indugi all’accorpamento (già previsto da
tempo ma aggirato dalle deroghe regionali) dei centri nascita con meno 500 nati per
anno, dove i servizi di assistenza alla madre e al neonato non sempre riescono a
garantire standard di sicurezza. Sarebbe auspicabile avere centri nascita con almeno
1000 parti per anno. Le Società Scientifiche si augurano che alle parole del Ministro
seguano i fatti. Da tempi infatti SIP e SIN chiedono di procedere all’accorpamento dei
centri nascita con un basso numero di nati, anche per favorire la condivisione delle
risorse e l’ottimizzazione dei percorsi assistenziali, richiesta mai esaudita e presa in
seria considerazione per il prevalere di logiche politiche o di interessi individuali o
territoriali.
Potenziamento delle unità di terapia intensiva neonatale. Anche quando sono
sufficienti come numero programmato in rapporto ai tassi di natalità regionali, non
sempre le UTIN lo sono in termini di posti letto effettivamente disponibili.
da carenze di personale medico e/o infermieristico o da insufficienza di spazi o di
attrezzature dedicate e aggiornate sul piano tecnologico. Il gap si avverte soprattutto
nelle aree metropolitane in cui si concentrano gravidanze ad alto rischio provenienti
da altre province o da territori sprovvisti di terapia intensiva neonatale. E’ inoltre
necessario procedere ad una verifica periodica dei livelli assistenziali reali e degli
standard organizzativi in tutti i centri nascita.
Attivazione dello STEN (servizio di trasporto per l’emergenza neonatale) in tutte le
regioni. Malgrado l’esistenza di decreti regionali e nazionali che definiscono la
necessità e i criteri di realizzazione del servizio per l’emergenza neonatale (STEN),
aree vaste anche metropolitane come quella di Catania ne sono ancora oggi
sprovviste.
ogni neonato con una patologia respiratoria nato in un centro senza terapia intensiva
neonatale può non ricevere una assistenza adeguata in tempo utile per evitare il
rischio di morire o di avere danni neurologici con esiti invalidanti. In Sicilia si discute
da più di venti anni dello STEN su base regionale, ma pur in presenza di due decreti
(l’ultimo del 2012), lo STEN ancora oggi è attivo solo nelle province di Palermo e
Messina”.
“I modelli che hanno mostrato buona prova di funzionamento sono quelli (come ad
esempio Lazio e Toscana) in cui esiste una centrale di riferimento dedicata alla
gestione delle emergenze neonatali”, spiega il Presidente della SIN Costantino
Romagnoli. “Grazie a questo sistema i medici dell’emergenza sono in grado di sapere
in tempo reale quanti posti sono disponibili in terapia intensiva e subintensiva.
Sicilia ci fosse un centro di coordinamento dedicato al trasporto neonatale la piccola
Nicole probabilmente sarebbe stata mandata a Messina e non a Ragusa”.
Non meno importante il modo in cui si trasportano i neonati ad alto rischio. Servono
ambulanze tecnologicamente attrezzate ed equipe mediche in grado gestire le
emergenze con una formazione specifica nella stabilizzazione e nel trasporto del
neonato gravemente patologico. In Italia il trasporto dei neonati ad alto rischio è “a
macchia di leopardo”: in alcune regioni è centralizzato, in altre lasciato in capo al
singolo ospedale.





