Napoli, pazienti ricoverati accanto ai sacchetti per i rifiuti

Napoli, pazienti ricoverati accanto ai sacchetti per i rifiuti
Premessa d’obbligo: al pronto soccorso del San Giovanni Bosco medici e infermieri danno l’anima per assistere i degenti. Ma non basta: il sistema sanità a Napoli appare ormai un malato terminale, come denunciano gli stessi sindacati dei camici bianchi. Contro il degrado organizzativo e strutturale c’è poco da fare.
 
 
 
 
 
 
Così capita che per mancanza di posti letto un paziente con sospetta ischemia cerebrale, A. V. di circa 70 anni, venga sistemato «alla meglio» nel corridoio esterno all’astanteria e a un metro e mezzo di distanza da lui siano in bella mostra sacchetti neri per i rifiuti.
 

Ore 8,30 di ieri mattina, ordinari orrori nell’ospedale di Secondigliano-Capodichino, quello che accoglie la popolazione dei quartieri «difficili» Scampia, Piscinola e Miano. Due vigilanti alla porta e niente triage perché qui ancora non è in vigore. Quindi nessuna preselezione per codice di gravità: verde, giallo o rosso. Ci si rivolge al primo infermiere disponibile. È capitato anche ad A.V. che ora giace nel suo letto accanto ai sacchetti neri, depositati ai piedi delle statue di San Pio e San Giovanni Bosco, assistito con amore dalla figlia Anna. «È qui da 24 ore — sospira la donna — e speriamo che lo portino in reparto al più presto». La figlia è costretta a sedersi su un contenitore giallo per rifiuti ospedalieri, opportunamente svuotato e capovolto. «Sono amareggiato — le fa eco il marito, Andrea Perrella — è veramente penoso assistere un anziano in queste condizioni. Che dire di più? Il sistema sanitario è a pezzi».

 

A qualche metro di distanza, una signora sulla sessantina, a sua volta parcheggiata in corridoio, sonnecchia protetta da un separé verde. Ma è inquietante notare che dietro di lei, su una porta chiusa, compaia un cartello col triangolo giallo e la scritta «pericolo». Tra i degenti un tossicodipendente 17enne soccorso all’alba per una overdose. È adagiato nell’astanteria sulla lettiga dell’ambulanza del 118. «Adesso non posso più ripartire — si lamenta l’autista — perché senza lettiga non posso soccorrere nessuno. E quel poveraccio mica possono ricoverarlo sul pavimento?».