Ore 8,30 di ieri mattina, ordinari orrori nell’ospedale di Secondigliano-Capodichino, quello che accoglie la popolazione dei quartieri «difficili» Scampia, Piscinola e Miano. Due vigilanti alla porta e niente triage perché qui ancora non è in vigore. Quindi nessuna preselezione per codice di gravità: verde, giallo o rosso. Ci si rivolge al primo infermiere disponibile. È capitato anche ad A.V. che ora giace nel suo letto accanto ai sacchetti neri, depositati ai piedi delle statue di San Pio e San Giovanni Bosco, assistito con amore dalla figlia Anna. «È qui da 24 ore — sospira la donna — e speriamo che lo portino in reparto al più presto». La figlia è costretta a sedersi su un contenitore giallo per rifiuti ospedalieri, opportunamente svuotato e capovolto. «Sono amareggiato — le fa eco il marito, Andrea Perrella — è veramente penoso assistere un anziano in queste condizioni. Che dire di più? Il sistema sanitario è a pezzi».
A qualche metro di distanza, una signora sulla sessantina, a sua volta parcheggiata in corridoio, sonnecchia protetta da un separé verde. Ma è inquietante notare che dietro di lei, su una porta chiusa, compaia un cartello col triangolo giallo e la scritta «pericolo». Tra i degenti un tossicodipendente 17enne soccorso all’alba per una overdose. È adagiato nell’astanteria sulla lettiga dell’ambulanza del 118. «Adesso non posso più ripartire — si lamenta l’autista — perché senza lettiga non posso soccorrere nessuno. E quel poveraccio mica possono ricoverarlo sul pavimento?».





